Stefano Gugliuzza: da portiere dell’ospedale a proprietario di un punto di ritrovo a Cefalù

Stefano Gugliuzza, conosciuto da tutti come “u zzu Stiefinu”, è stato un personaggio molto amato e rispettato a Cefalù, la sua città natale. Nato il 20 aprile 1917, Stefano ha attraversato una vita segnata da numerose difficoltà, ma anche da una straordinaria forza d’animo e un’incredibile capacità di resistenza. Le sue imprese, dalla gestione di un negozio di alimentari con taverna a Via Veterani, alla sua esperienza come “medico” improvvisato per la comunità, lo hanno reso una figura centrale nella vita quotidiana di Cefalù per decenni. La sua storia è un esempio di come, anche nelle circostanze più difficili, la determinazione e l’ottimismo possano trasformare una vita segnata dalla sofferenza in una vera e propria benedizione per gli altri.

Un’infanzia segnata dalla malattia

Stefano Gugliuzza nacque a Cefalù il 20 aprile 1917, figlio di Antonino e Maria Rosa Barravecchia. Era il quarto di cinque figli (Salvatore, Pasquale, Vincenzo, Stefano e Antonino) e cresce in una famiglia che, come tante altre dell’epoca, viveva in condizioni di umiltà. La sua infanzia, purtroppo, è segnata dalla morte prematura del padre, che lascia Stefano orfano in giovane età. Questa perdita drammatica lo costringe a crescere troppo presto e ad affrontare le difficoltà della vita con una maturità che si sviluppa in fretta.

Stefano cresce in un periodo difficile, nei primi decenni del dopoguerra, quando la povertà e la scarsità di opportunità erano una costante per molte famiglie siciliane. Come se non bastasse, all’età di 20 anni, Stefano si ammala gravemente e una malattia lo lascia con una disabilità permanente che lo costringe a lottare ogni giorno per superare le difficoltà fisiche e psicologiche.

Nonostante queste avversità, Stefano dimostra sin da giovane una resilienza straordinaria. La sua forza d’animo, il suo ottimismo e la sua determinazione lo spingono a non arrendersi mai, anche nei momenti più bui della sua vita.

La vita da portiere e infermiere improvvisato

Nel corso degli anni, Stefano trova lavoro come portiere presso l’ospedale di Cefalù, dove entra a contatto con l’ambiente sanitario. Qui, inizia a sviluppare un’abilità pratica che si rivelerà cruciale in seguito: la sua esperienza nell’assistere i pazienti lo avvicina alla medicina, e, sebbene non fosse un vero e proprio professionista, la sua capacità di curare ferite e piccole emergenze diventa fondamentale per molti abitanti del paese. Tra l’altro, il dottor Giardina, un medico dell’ospedale di Cefalù, diventa una figura di riferimento per Stefano, che nel tempo acquisisce una grande esperienza pratica. È proprio il dottor Giardina che gli salva la vita, amputandogli la gamba in seguito alla malattia che lo aveva colpito.

Nonostante l’amputazione, Stefano non si arrende. Lascia il lavoro all’ospedale, sostituito dal fratello Pasquale, ma la sua passione per l’assistenza e l’aiuto agli altri non diminuisce. Decide quindi di intraprendere una nuova strada: apre un negozio di generi alimentari in Via Veterani, una zona che a quei tempi era conosciuta come “via Vitrani” per la presenza di maestri vetrai. Qui, inizia una nuova vita come commerciante, ma non solo: Stefano gestisce anche un piccolo retrobottega che diventerà la sua famosa taverna.

La taverna di “U Zzu Stiefinu”: il punto di ritrovo

Nel suo negozio, “a putia” come lo chiamavano i cefaludesi, Stefano non solo vendeva alimentari, ma gestiva anche un piccolo spazio dove gli uomini della zona potevano riunirsi, mangiare insieme e divertirsi. “A tavierna do zzu Stiefinu” divenne il cuore pulsante della vita sociale di quella parte di Cefalù. Chiunque passasse per Via Veterani era attratto dall’odore del buon cibo che Stefano preparava: fave bollite, uova bollite, trippa, ceci, tutto accompagnato dal vino e dalla birra che Stefano serviva generosamente. Quella che era nata come una piccola taverna, infatti, divenne il luogo dove i cittadini di Cefalù potevano passare il tempo a giocare a carte, parlare, e socializzare.

Uno dei giochi più popolari all’interno della taverna era il “tuoccu di birra”, un gioco di carte che vedeva i perdenti obbligati a pagare pegni, che spesso coincidevano con una bevuta o un altro piccolo favore. La taverna di Stefano divenne un vero e proprio punto di riferimento per la comunità, dove la gente si sentiva a casa e dove si creavano legami di amicizia e solidarietà.

Le donne di Cefalù, soprattutto quelle che abitavano nella zona bassa della città, venivano a fare la spesa da “u zzu Stiefinu” e acquistavano anche il vino da portare a casa per i loro mariti. Nonostante fosse un uomo che aveva vissuto molte difficoltà nella vita, Stefano dimostrava sempre una grande generosità e disponibilità, ed era sempre pronto ad ascoltare e a dare una mano a chi ne aveva bisogno.

La vita familiare

Nel 1955, Stefano incontra una bella ragazza di Tusa, Concetta Franco, che sposa poco dopo. Concetta, che si rivela una donna forte e intraprendente, diventa la compagna perfetta per Stefano, tanto nel lavoro quanto nella vita privata. Insieme, gestiscono il negozio e la taverna, e insieme accolgono nella loro vita due figli: Maria Rosa e Antonino.

Concetta è un pilastro fondamentale nella vita di Stefano. La sua presenza accanto a lui è di grande sostegno, soprattutto quando il negozio inizia a diventare una piccola attività prospera. Concetta, con la sua forza e il suo spirito pratico, contribuisce in modo decisivo alla gestione del negozio e della taverna. La loro unione è la base solida su cui Stefano costruisce la sua vita. La famiglia Gugliuzza cresce, e Stefano si dimostra un padre affettuoso, sempre presente e molto comprensivo con i suoi figli.

Maria Rosa, la figlia maggiore, ricorda il padre come un uomo che, nonostante le difficoltà, era sempre pronto a dispensare un sorriso e una parola gentile. La sua mentalità aperta e il suo atteggiamento positivo nei confronti della vita lo rendevano una figura di riferimento non solo per la sua famiglia, ma per l’intera comunità. Stefano era un uomo che credeva nella forza della famiglia e dell’amore, valori che trasmise ai suoi figli e che continuarono a guidarli anche dopo la sua morte.

Stefano e la cura degli altri

Oltre al negozio e alla taverna, Stefano Gugliuzza era conosciuto per la sua capacità di aiutare gli altri. Grazie alla sua esperienza infermieristica acquisita all’ospedale, Stefano aveva trasformato la sua casa in un piccolo ambulatorio dove tutti, dai bambini agli anziani, andavano a farsi medicare piccole ferite o a fare punture. La sua gentilezza e la sua disponibilità gli valsero il soprannome affettuoso di “Don Stiefinu”.

Questa sua attitudine ad aiutare il prossimo, unita alla sua naturale empatia, lo rese una figura amata e rispettata. Nonostante le sue limitazioni fisiche, Stefano non smise mai di prendersi cura degli altri e di fare ciò che poteva per migliorare la vita della sua comunità.

Stefano Gugliuzza morì il 13 maggio 2000 all’età di 83 anni, lasciando un vuoto profondo nella sua famiglia e nella comunità di Cefalù. Nonostante le difficoltà che aveva affrontato, Stefano si era sempre distinto per il suo spirito ottimista e per la sua capacità di affrontare ogni sfida con un sorriso. La sua taverna, il suo negozio e la sua casa erano diventati luoghi dove le persone non solo si rifornivano di cibo e bevande, ma trovavano anche conforto, risate e momenti di allegria.

Oggi, la sua figura viene ricordata con affetto dai cefaludesi che hanno vissuto quegli anni, e la sua eredità continua a vivere nelle storie che la sua famiglia racconta. La sua vita ci insegna l’importanza della resilienza, della solidarietà e della generosità. Anche nei momenti di difficoltà, Stefano ha saputo creare una comunità basata sull’amore e sul sostegno reciproco, valori che rimangono oggi come un esempio di come la forza dell’individuo possa arricchire quella di tutta una comunità.


La biografia di Stefano Gugliuzza, presentata in questo articolo, farà parte di una pubblicazione che Cefalunews sta curando per la sua uscita prevista nel mese di aprile 2025. Il libro raccoglierà le biografie di quei personaggi che hanno lasciato un’impronta indelebile nella nostra comunità e oltre. Se conosci storie di persone che hanno segnato la storia della nostra città con il loro impegno, che abbiano lavorato per il bene comune o che abbiano lasciato una traccia nelle istituzioni, nelle scuole, nelle chiese, nelle strade o nei luoghi di ritrovo, ti invitiamo a contribuire.

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