Domenico Portera è stato una delle figure più rappresentative della cultura siciliana nel Novecento. La sua carriera ha visto un connubio tra la sua passione per la storia, la filosofia, e l’arte, e un impegno costante nel miglioramento della sua comunità. Portera è stato un uomo che ha creduto fermamente che la cultura e l’educazione possano cambiare il corso delle cose, trasformando la società e il territorio. Storico, saggista, docente e politico, ha dedicato la sua vita a studiare e a promuovere la cultura della sua terra, ma anche a diffondere le sue conoscenze a livello nazionale e internazionale.
Il suo nome è legato indissolubilmente a Cefalù, la sua città natale, ma il suo impegno e la sua eredità vanno ben oltre i confini della cittadina siciliana. La sua figura è quella di un uomo che ha saputo coniugare lo studio e la passione per la storia con una visione del futuro, mirando a costruire una comunità più giusta, informata e consapevole. La sua storia personale, che parte da umili origini e arriva a un impegno culturale e politico di grande respiro, è il simbolo di come la dedizione e l’amore per il proprio paese possano cambiare la realtà.
Le origini: una famiglia di umili origini
Domenico Portera nacque il 25 maggio 1932 a Cefalù, che lo ha visto crescere e che ha rappresentato per lui la base su cui costruire il suo futuro. La famiglia in cui nacque non era benestante: suo padre, Pasquale, era barbiere, e sua madre, Giuseppa Bellipanni, si dedicava alla gestione della casa. Sebbene non avessero risorse economiche rilevanti, la famiglia era profondamente unita e legata da valori di solidarietà, che sarebbero stati decisivi nel caratterizzare la personalità di Domenico. Nonostante le difficoltà, Portera crebbe in un ambiente che gli permise di sviluppare una forte etica del lavoro e un grande senso della giustizia.
La sua giovinezza fu segnata dalla tragedia familiare della morte del fratello Antonino, evento che ebbe un impatto profondo sulla sua vita. Questo dolore, unito alle difficoltà economiche, spinse Domenico a emigrare negli Stati Uniti nel 1950, a soli 18 anni, per cercare un’opportunità che permettesse di migliorare le condizioni economiche della famiglia. Quella decisione segnò l’inizio di un cammino che avrebbe portato Portera lontano dalla sua terra, ma che non avrebbe mai cessato di alimentare il suo amore per Cefalù e per la Sicilia.
L’emigrazione negli stati uniti: il duro lavoro e l’attivismo sindacale
Il viaggio verso gli Stati Uniti fu una scelta obbligata per Domenico, un giovane che, pur lasciando la sua terra, non smise mai di sognare un futuro migliore per sé e per la sua famiglia. Arrivato a Saint Louis, Missouri, iniziò a lavorare in un’industria tessile, un impiego che, pur non essendo particolarmente qualificato, gli permise di mantenere la famiglia in Sicilia. Nonostante le difficoltà, Portera decise di non rinunciare alla sua formazione intellettuale e si iscrisse alla Missouri State University, dove proseguì gli studi.
Parallelamente al suo lavoro e agli studi, Portera si impegnò attivamente nel movimento sindacale. Si unì all’AFL-CIO, la federazione sindacale americana, e divenne un difensore dei diritti dei lavoratori italiani che, come lui, lavoravano nelle fabbriche tessili. La sua passione per la giustizia sociale e i diritti degli operai italiani lo portò a diventare una figura di riferimento per la comunità, tanto che i giornali locali come il “The Iowa Federation” e lo “Student Life” si occuparono delle sue battaglie a favore dei diritti dei lavoratori. Questa fase della sua vita lo formò non solo come sindacalista ma anche come uomo politico e intellettuale, consapevole delle difficoltà degli emigranti, ma anche delle potenzialità di un cambiamento sociale che potesse migliorare le condizioni degli italiani all’estero.
Nel 1957, Portera fu scelto come unico siciliano per far parte del programma di scambi culturali con gli Stati Uniti, un’opportunità che gli permise di entrare in contatto con altre menti brillanti e di avvicinarsi a nuove prospettive politiche e culturali. Nonostante le numerose opportunità offerte dagli Stati Uniti, la sua nostalgia per la Sicilia e il desiderio di ritornare lo spinsero a decidere di tornare in Italia nel 1959, un passo che segnò il ritorno alla sua terra e l’inizio di un nuovo capitolo della sua vita.
Il ritorno in Italia: la laurea e la passione per Mazzini
Il ritorno in Sicilia segnò un nuovo inizio per Portera, che decise di proseguire il suo percorso di studi all’Università di Messina, dove ottenne la laurea in Lettere e Filosofia nel 1961, con il massimo dei voti. La sua tesi, che trattava della filosofia morale di Giuseppe Mazzini, un pensatore che avrebbe avuto una grande influenza su di lui, testimoniava il suo interesse per il Risorgimento italiano e per le idee che avevano contribuito alla formazione dello Stato unitario. Mazzini, con il suo ideale di libertà, democrazia e unità, divenne per Portera una figura di riferimento, tanto che lo studio della sua filosofia lo accompagnò per tutta la vita.
La passione per Mazzini non si limitò alla ricerca accademica: Portera divenne un grande esperto delle sue idee e fu invitato a tenere conferenze in Svizzera, in occasione del centenario della morte di Mazzini, nelle città di Grenchen e Zurigo. Questi interventi consolidarono la sua reputazione di intellettuale e lo posero come uno degli studiosi di riferimento per le teorie mazziniane in Sicilia e nel resto d’Italia.
L’insegnamento e l’impegno politico a Cefalù
Nel 1963, Portera tornò a Cefalù, dove iniziò la sua carriera da docente. Prima nelle scuole secondarie di primo grado e poi all’Istituto Tecnico Commerciale “Jacopo del Duca” di Cefalù, Portera si distinse come insegnante per il suo impegno non solo nella trasmissione delle nozioni, ma anche nell’educare i giovani ai valori civili, morali e sociali. Il suo approccio educativo si basava sull’idea che l’istruzione dovesse essere un mezzo per formare cittadini consapevoli e impegnati, pronti a contribuire al miglioramento della società.
Nel frattempo, Portera si dedicò anche alla politica, venendo eletto consigliere comunale di Cefalù nel 1963. Membro del Partito Repubblicano Italiano, Portera ricoprì il ruolo di vice sindaco dal 1976 al 1978. Fu in questi anni che, grazie alla sua visione lungimirante, Cefalù si dotò di un’istituzione fondamentale per la formazione dei giovani nel settore turistico: l’Istituto Alberghiero di Stato. Questa scuola rappresentò una grande opportunità per i giovani della città e delle Madonie, permettendo loro di formarsi in un ambito che, con il crescere del turismo, sarebbe diventato sempre più importante per l’economia locale.
Le opere: scrittore e saggista
Oltre alla sua carriera politica e educativa, Domenico Portera è stato anche un prolifico scrittore e saggista, autore di numerosi libri e articoli che hanno contribuito a formare il panorama culturale siciliano e italiano. Le sue opere spaziano dalla storia alla filosofia, dalla politica alla letteratura. La sua produzione si è concentrata soprattutto sulla storia siciliana, sul Risorgimento italiano, sulla figura di Giuseppe Mazzini e sulla cultura della sua terra.
Tra le sue opere più rilevanti troviamo “Mazzini nel pensiero e nella storia” (1968), che esplora il pensiero di Giuseppe Mazzini, analizzando la sua filosofia morale e politica. Questo libro rappresenta un punto di riferimento per chi vuole comprendere l’importanza di Mazzini nel processo di unificazione italiana e nel pensiero democratico europeo. In “Cospirazioni democratiche in Sicilia” (1973), Portera esplora le lotte risorgimentali siciliane, mettendo in luce le cospirazioni che segnarono la storia della Sicilia tra il 1820 e il 1860.
Altre opere fondamentali sono “I disadattati – scienza emendativa e legislazione sociale” (1975) e “Sicilia antifascista” (1976), che trattano rispettivamente dei problemi sociali e della resistenza al fascismo in Sicilia, tematiche care a Portera per il suo impegno civico. I suoi scritti sono sempre stati caratterizzati da un impegno civile che lo ha portato a scrivere anche su temi di grande rilevanza sociale, come l’emarginazione e la lotta per i diritti civili.
Le ultime opere
Negli ultimi anni della sua vita, Portera continuò a scrivere e a pubblicare opere che rispecchiavano la sua visione di una Sicilia sempre più consapevole e moderna. Tra le sue ultime opere, “Cefalù e Gibilmanna nello sviluppo del monachesimo siciliano” (1974) e “E le pietre parlarono – Miti e leggende di Sicilia” (1980), sono emblematiche del suo legame con le tradizioni storiche e culturali della Sicilia. In queste opere, Portera ripercorre le radici storiche della sua terra, esplorando miti, leggende e tradizioni che definiscono l’identità siciliana. Nel 1988 pubblica Cefalù, memorie storiche. Nel 2001 pubblica Il libro d’oro della città di Cefalù.
Un altro contributo importante degli ultimi anni fu “Sicilia, tra lo zolfo e l’incenso”, in cui analizza i rapporti tra chiesa e massoneria, un tema che rifletteva le sue preoccupazioni riguardo al ruolo delle istituzioni religiose e politiche nella Sicilia del Novecento.
L’eredità di Domenico Portera
Domenico Portera morì il 24 marzo 2006, ma la sua eredità culturale, educativa e sociale rimane vivida in Cefalù e nella Sicilia intera. La sua città ha voluto rendere omaggio alla sua figura intitolandogli una via, un segno tangibile del rispetto e dell’affetto che la comunità nutre nei suoi confronti. Le sue opere continuano a essere una risorsa fondamentale per chi studia la storia e la cultura siciliana, e il suo esempio di dedizione alla propria terra e alla cultura è fonte di ispirazione per le future generazioni.
Portera contribuì alla fondazione di numerose realtà culturali a Cefalù, tra cui il Centro di cultura Polis kephaloidion, che presiedette fino alla sua morte nel 2002. Questo centro, che ha continuato a mantenere vivo il suo spirito culturale, ha istituito il “Premio letterario Domenico Portera” a testimonianza dell’importanza del suo lavoro.
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