«La prova di grande coraggio dell’alto spirito di abnegazione e di umana solidarietà data dai sette pescatori di Cefalù e vissuta per oltre sei ore sotto la bufera del vento e di pioggia da centinaia di altri è degna del più alto encomio e della massima ammirazione». Con questa frase il sindaco di Cefalù, Giuseppe Giardina, il 2 marzo del 1951 ringraziava sette coraggiosi pescatori i cui nomi sono iscriti nel libro degli eroi: Carmelo Fertitta, Salvatore Portera, Giuseppe Machì, Santo Aquia, Giuseppe Fertitta, Giovanni Cefalù e Giovanni Glorioso.
La loro storia di eroi per caso inizia all’alba del 28 febbraio 1951, quando la motobarca “Franco”, della marina di Arenella, con a bordo cinque uomini salpava per il normale lavoro di ogni giorno. Il tempo era incerto ma i cinque marinai pur di portare il pane a casa si mettono lo stesso in mare. Quando la motobarca arriva al largo viene colta da una forte mareggiata. All’inizio i cinque cercano in tutti i modi di tornare a riva ma quando si guasta uno dei motori dell’imbarcazione, tutto diventa difficile. Per loro il ritorno a casa diventa un miraggio. Più che rientrare con la loro barca vengono spinti verso il largo. I cinque perdono ogni speranza e con loro anche i propri cari che a sera non li vedono tornare a casa. Persino le autorità marittime di Palermo si arrendono dopo averli cercato invano con un rimorchiatore. Trascorrono trentasei ore. Tutto sembra finito. A bordo con i cinque pescatori anche un bambino.
Ogni speranza è perduta fino a quando all’orizzonte del mare cefaludese, quell’orizzonte che si scorge da piazza Marina, sette pescatori avvistano l’imbarcazione che in alto mare andava alla deriva. Senza paure, nonostante le proibitive condizioni del mare, decidono di raggiungerla al largo. Lottano con le onde e con il temporale per lunghe sei ore.
Quando si avvicinano si accorgono che all’interno vi erano alcune persone sfinite. Pescatori che avevano perso ogni speranza in attesa di essere presi dalla morte. I sette cefaludesi sfidano la furia del mare e delle onde e mettono in salvo i cinque naufraghi. Il tempo di metterli sulla loro barca che la motobarca viene inghiottita fra le onde. Il ritorno a Cefalù è una festa. I sette cefaludesi, senza saperlo, diventano degli eroi. Ricevono il grazie dei cinque naufraghi e delle loro famiglie. Per loro, l’indomani, il 2 marzo anche l’encomio dell’allora sindaco Giuseppe Giardina e della giunta comunale. Sono le 19 quando il primo cittadino e gli assessori Vincenzo Maggio, Nicolò Mogavero e Emanuele Citrano dichiarano pubblicamente: «La prova di grande coraggio dell’alto spirito di abnegazione e di umana solidarietà data dai sette pescatori di Cefalù e vissuta per oltre sei ore sotto la bufera del vento e di pioggia da centinaia di altri è degna del più alto encomio e della massima ammirazione».