Pippo Barranco: il chirurgo che ha rivoluzionato la medicina siciliana

Giuseppe Barranco, conosciuto da tutti come “Pippo”, nasce il 21 novembre 1921 a Cefalù che all’epoca viveva le difficoltà di un dopoguerra ancora segnato dalla povertà e dalle incertezze politiche. Sin dalla sua giovinezza, si distingue per un’incredibile determinazione e un’intensa voglia di imparare, qualità che lo guideranno nel suo percorso di vita. La sua carriera, che lo porta a diventare uno dei più rispettati chirurghi della Sicilia, è caratterizzata non solo da un’approfondita preparazione tecnica, ma anche da un impatto umano che lo rende una figura amata e rispettata da colleghi e pazienti. Il suo impegno in ambito medico lo porta a ricoprire ruoli di prestigio, tra cui quello di primario chirurgico e direttore sanitario all’Ospedale “Giuseppe Giglio” di Cefalù, dove svolge gran parte della sua carriera. La sua morte, avvenuta il 13 ottobre 1991, segna la fine di un’era per l’ospedale, ma la sua eredità sopravvive grazie alla sua famiglia e alla sua impronta indelebile nella medicina siciliana.

Barranco cresce e si forma in una Sicilia rurale e tradizionalista, un luogo che vive i segni di un’Italia che sta cercando di rialzarsi dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia del dopoguerra è un paese segnato dalla divisione tra nord e sud, dove la povertà è diffusa e l’industria sta appena iniziando a prendere piede. Tuttavia, in questo periodo di transizione, si fa strada grazie alla solidità dei valori familiari. Cresciuto in una famiglia che attribuiva grande importanza all’educazione, da giovane trova nella medicina una passione che lo accompagnerà per tutta la vita. La sua formazione accademica avviene all’Università di Palermo, dove dimostra fin da subito di possedere una mente scientifica acuta e curiosa. La sua tesi di laurea, che esplora l’attività antibiotica di un Aspergillus su germi gram-negativi, è solo il primo segno della sua attitudine alla ricerca e all’innovazione. La preparazione ricevuta presso l’Università di Palermo, dove frequenta gli istituti diretti dai professori Luna e Latteri, gli consente di acquisire una solida formazione teorica, che successivamente applicherà nella sua pratica medica.

I primi passi della sua carriera sono segnati dall’impegno in contesti difficili e poco favorevoli. Nel 1951 vince il concorso per medico condotto nel comune di Gratteri, una località della Sicilia che, purtroppo, è scarsamente servita da strutture sanitarie e risorse mediche. In questi anni si fa subito conoscere per la sua preparazione e la sua dedizione al lavoro, spesso affrontando le difficoltà di un contesto rurale con un approccio scientifico che lo rende uno dei medici più apprezzati della zona. Nonostante le condizioni difficili, il giovane dottore continua la sua formazione accademica e, nel 1953, consegue la specializzazione in Chirurgia generale. La sua carriera prosegue rapidamente, con una serie di successi che lo vedono salire in ruoli di crescente responsabilità, come quello di assistente presso la Clinica Chirurgica Generale dell’Università di Palermo, dove inizia a mettere in pratica le conoscenze acquisite. Nel 1959, ottiene la Libera Docenza in Semeiotica Chirurgica e, quattro anni dopo, consegue la Libera Docenza in Clinica Chirurgica Generale e Terapia Chirurgica. Questi traguardi, uniti alla sua crescente reputazione professionale, lo portano nel 1966 a ricevere l’incarico di primario chirurgo e direttore sanitario dell’Ospedale “Giuseppe Giglio” di Cefalù, un ruolo che lo consacra come uno dei più importanti medici della Sicilia.

Nel suo periodo come primario e direttore sanitario, affronta non solo le sfide professionali, ma anche le difficoltà legate alla gestione di una struttura sanitaria in una regione caratterizzata da problemi economici e sociali. Nonostante ciò, riesce a mantenere elevati gli standard sanitari e a innovare le pratiche chirurgiche, introducendo nuove tecniche e metodologie che migliorano i risultati degli interventi. La sua abilità nel risolvere casi chirurgici complessi gli consente di conquistare una reputazione ben oltre i confini della Sicilia, diventando un punto di riferimento per medici e pazienti. Barranco non era solo un eccellente chirurgo, ma anche un mentore per giovani medici, insegnando loro non solo la tecnica, ma anche il valore dell’etica professionale, dell’empatia e della dedizione al paziente. La sua figura non è stata mai accecata dal successo: rimane sempre umile, mettendo il bene dei suoi pazienti e l’evoluzione della medicina al di sopra di ogni altra considerazione.

L’impatto di Barranco nella medicina siciliana è profondo e duraturo. La sua carriera non si limita ai suoi successi personali, ma si estende anche all’influenza che ha avuto sulle generazioni successive di medici. La sua dedizione alla formazione dei giovani professionisti, la sua capacità di creare una scuola chirurgica che ha formato numerosi medici e il suo approccio umano alla cura del paziente lo pongono come un modello a cui molti aspirano. Per questo non è stato solo un professionista, ma una figura che ha saputo fondere il suo impegno religioso con la sua carriera medica, creando un esempio di coerenza tra fede e lavoro. La sua spiritualità, che lo accompagnava ogni giorno nella sua pratica medica, emergeva nelle sue parole: “Prima Dio e poi io”. Queste parole, che ripeteva spesso quando veniva chiesto un giudizio sul destino di un paziente, non solo riflettevano la sua umiltà, ma anche la sua convinzione che la medicina non fosse mai una scienza esatta, ma un percorso accompagnato sempre dalla speranza e dalla fede.

Sul piano personale, Barranco si distingue anche per la sua vita privata, in particolare per la sua famiglia. Nel 1954, sposa Flora Agolino, una donna che condivide con lui valori e principi morali. Dal loro matrimonio nasce il figlio Giancarlo, che seguirà le orme del padre e diventerà anch’egli medico, perpetuando la tradizione familiare nel campo della medicina. La figura di Barranco come padre e marito è altrettanto importante quanto quella di medico, perché riflette l’impegno che egli riserva a tutte le sfere della sua vita. Nonostante gli impegni professionali, sapeva essere un uomo affettuoso e presente, capace di conciliare le sue responsabilità familiari con la dedizione al lavoro. La sua morte, avvenuta prematuramente all’età di 70 anni, segna la fine di un capitolo significativo per la sanità siciliana, ma lascia un’eredità che continua a vivere nel ricordo delle persone che lo hanno conosciuto.

Giuseppe Barranco rappresenta una figura esemplare non solo come chirurgo, ma come uomo di fede, padre, insegnante e leader nella medicina. La sua carriera è la testimonianza di come l’impegno professionale e la dedizione umana possano intrecciarsi in maniera straordinaria, creando una figura che rimane nel cuore della comunità che ha servito. La sua eredità non è solo legata ai suoi successi clinici, ma anche all’esempio di vita che ha dato ai suoi allievi e ai suoi pazienti. Oggi, a distanza di decenni dalla sua morte, continua ad essere ricordato non solo come un grande medico, ma come una persona che ha saputo lasciare il segno nella vita di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo. (Nella foto Pippo Barranco con la moglie Flora Agolino)

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