Assumere un influencer nella propria azienda: perché e a quanto?

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Tu mi segui e io influenzo le tue scelte

Gli influencer sono personalità sempre più vicine a noi e che riscuotono un successo sempre maggiore (anche se il ricambio è frequente). Questi apparentemente semplici utenti social, infatti, vengono seguiti da un numero più o meno vasto di persone, le quali elevano la persona prescelta a esperta di una precisa tematica.

Proprio grazie a questo fatto, gli utenti particolarmente seguiti assumono lo status di “influencer“, poiché in grado di condizionare e influenzare opinioni e desideri altrui.
Il fenomeno è molto evidente quando si parla di acquisti online: se un influencer consiglia un prodotto commercializzato da un e-commerce, è molto frequente assistere a un rapido incremento delle vendite di tale bene.

Gli influencer veri e propri non sono molto numerosi, anche se l’universo di queste persone, a tutti gli effetti figure professionali, è molto vasto e comprende soprattutto micro-influencer, che possono contare su un pubblico non molto vasto.

Perché assumere un influencer nella propria azienda?

Il motivo principale per il quale assumere un influencer (o anche più di uno) nella propria azienda – è una scelta consigliata – è l’incredibile engagement che esso è in grado di creare.
Un influencer, infatti, esercita una certa influenza su un gruppo di consumatori al quale appartiene, e lo fa mediante la pubblicazione di post, stories, link, video e altri contenuti multimediali.

L’elemento in comune di tutti questi contenuti è la possibilità di generare interazioni, che possono essere più o meno articolate a seconda dello strumento utilizzato.
L’elemento positivo di queste interazioni è principalmente il coinvolgimento diretto dei destinatari, che possono ri-condividere il post, taggare gli amici (aumentando ulteriormente la cerchia di coloro che vengono a contatto con quel particolare contenuto e/o influencer), mettere like e molto altro.
A tal proposito, però, l’interazione indubbiamente più efficace è il commento: se durante le dirette o al di sotto di un post il potenziale acquirente riceve una risposta da parte dell’influencer, è molto probabile che l’acquisto avverrà effettivamente.

Questo tipo di interazione attiva rispetto alla pubblicità si oppone in maniera piuttosto netta ai mezzi di comunicazione tradizionali (quelli che fino a qualche anno fa erano noti come mass media, ad esempio), per i quali non era prevista la risposta del potenziale cliente.
La partecipazione dell’utente e il contatto con una persona che si vuole emulare porta inevitabilmente alla nascita di una nuova relazione tra il cliente e l’impresa che l’influencer sta sponsorizzando.

A volte, per entrare maggiormente nella mente dei consumatori, gli influencer possono avviare un vero e proprio storytelling del prodotto, seguendone tutte le evoluzioni, o dedicare allo stesso più di un contenuto multimediale (a seconda delle richieste delle aziende).
Naturalmente, quanto appena detto è un’esemplificazione di ciò che avviene nella realtà, in quanto possono esservi eccezioni che si discostano in maniera più o meno netta da queste linee generali.

Il numero di seguaci: il metro di misura per il pagamento dell’influencer

Non ci si può certo aspettare che un influencer promuova il prodotto, investendo molto del proprio tempo, senza richiedere nulla in cambio. L’azienda, infatti, è tenuta a corrispondere un premio all’utente che assume questo incarico.
È più proprio parlare di “premio” piuttosto che di “pagamento” poiché non sempre gli influencer ricevono denaro.

Uno dei parametri che viene valutato per poter corrispondere un premio a un influencer è ovviamente il numero di seguaci che esso possiede, numero che può anche essere accrescito grazie alla possibilità di comprare like Instagram.
Solitamente, un utente che possiede dai 25 ai 50 mila follower viene detto micro-influencer; al di sotto di questa soglia è difficile che le aziende possano richiedere una collaborazione, fatta eccezione per alcune realtà locali. Solitamente, comunque, questi soggetti non ricevono un pagamento in denaro (o la cifra non è allettante), ma è più probabile che le aziende corrispondano dei prodotti in omaggio.

Tra i 50 e i 100 mila follower, sarà un influencer di basso rilievo: in questo caso, possono essere offerte poche decine (o centinaia) di euro per un singolo post. La situazione cambia quando si sale tra 100 e 500 mila: in questo caso, la somma può raggiungere anche cifre a tre zeri.
Oltre un milione, le campagne social possono arrivare anche a decine o centinaia di migliaia di euro, e per personaggi come Kim Kardashian, un singolo post pubblicato sulla sua bacheca vale un milione di dollari circa.

Gli altri parametri che determinano il valore

Queste linee generali, però, possono avere delle variazioni più o meno ampie, poiché non esiste un vero e proprio tariffario o criteri di selezione rigidi. Un’azienda, ad esempio, può anche trascurare leggermente il numero di follower, valutando invece la quantità di interazioni (per analizzare quali sono, ad esempio, gli utenti disposti a seguire veramente quei consigli).

Oppure, alcune grandi griffe della moda possono decidere di fornire abiti ai propri influencer invece che denaro, anche se questi hanno molti follower, mentre alcuni grandi marchi non corrispondono nulla, poiché per l’influencer è sufficiente il guadagno che ottiene in termini di immagine.
Non bisogna dimenticare, infatti, che anche l’autorevolezza che l’influencer può guadagnare è un premio, e la collaborazione con un marchio di altissimo livello può essere molto più proficuo di un’ingente somma di denaro.

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