Giuseppe Miccichè, meglio conosciuto come “don Pippinu” o “u zzu Pippinieddu”, è stato una figura simbolica della città di Cefalù, un uomo che ha vissuto intensamente la sua vita, affrontando difficoltà e trasformandosi in un punto di riferimento per la sua comunità. La sua carriera non è stata caratterizzata solo dai suoi lavori manuali, ma anche da una passione profonda per gli animali, che lo ha reso noto non solo a Cefalù ma anche nell’entroterra madonita. L’aspetto che lo rendeva unico e speciale era la sua straordinaria capacità di “addomesticare” e ammaestrare animali, attività che, oggi, suona quasi come una rarità. La sua vita, fatta di impegno, sacrifici e amore per il proprio lavoro, continua a vivere nel cuore di chi lo ha conosciuto.
Le origini e la giovinezza di Peppino Miccichè
Peppino Miccichè nacque il 10 marzo 1913 a Cefalù, un incantevole paesino della Sicilia che ha dato i natali a molte figure di spicco. Figlio di Stefano, un mercante di stoffe e sarto, e di Giuseppina Di Paola, Giuseppe era il decimo di undici figli. In una famiglia numerosa, Peppino cresceva tra il frastuono del lavoro e delle responsabilità familiari. Il padre Stefano, impegnato nella vendita di tessuti e nella sartoria, trasmise a Peppino l’importanza del lavoro manuale e della dedizione, valori che lo accompagneranno per tutta la vita.
A 22 anni, Peppino sposò Giovanna Failla, conosciuta come “Giannina”, una giovane sarta che proveniva da una famiglia di tradizione sartoriale. Insieme ebbero cinque figli: Stefano, Lino, Aurelio, Maria Pia e Anna Maria. La giovane coppia affrontò le difficoltà economiche con coraggio, cercando di costruire una vita serena nonostante le sfide quotidiane. Peppino, in particolare, lavorava come “saponaro” nella fabbrica di sapone di suo zio Angelo Miccichè. Tuttavia, la chiusura della fabbrica costrinse Peppino a cercare altrove una fonte di sostentamento.
Il trasferimento a Genova e la seconda guerra mondiale
Nel periodo della sua giovinezza, Peppino fu costretto a fare i conti con le difficoltà economiche e il bisogno di garantire un futuro per la sua famiglia. A soli 22 anni, con il primo figlio Stefano di appena tre anni, Peppino decise di trasferirsi a Genova, dove il padrino gli procurò un posto di lavoro come “marcatempo” al porto. Questo ruolo lo portò a supervisionare circa 400 operai, controllando la loro presenza giornaliera. Nonostante le difficoltà iniziali, Peppino riuscì a sistemarsi e a creare una vita stabile, anche grazie alla bellezza della casa che riuscì ad acquistare vicino al porto, un luogo che gli offriva una vista panoramica e una qualità di vita più elevata.
Purtroppo, il sogno di una vita tranquilla e prospera fu sconvolto dalla Seconda Guerra Mondiale. La città di Genova venne bombardata, e la casa di Peppino e Giannina fu distrutta. L’allora giovane famiglia fu separata durante il conflitto: Peppino partì per l’Albania, dove fu chiamato alle armi, mentre Giannina tornò con i suoi genitori a Cefalù. Dopo cinque anni di guerra, Peppino fece ritorno a casa, ma la realtà che lo attendeva era ben diversa da quella che aveva lasciato. La vita quotidiana era segnata dalle privazioni, con il pane razionato e la tessera per gli approvvigionamenti, ma Peppino non si perse d’animo e si rimise al lavoro.
La nuova vita a Cefalù e l’avvio dell’armeria
Gli anni successivi furono segnati dalla resilienza di Peppino. Nel periodo del dopoguerra, Peppino cercò di sfruttare le sue passioni per la caccia e la pesca. Aprì un negozio, un’armeria in Corso Ruggero, che divenne presto un punto di riferimento per gli abitanti di Cefalù e dei paesi limitrofi. Il negozio di Peppino vendeva armi, munizioni e articoli sportivi legati alla caccia e alla pesca. L’attività prosperò grazie all’intuizione di Peppino, che riuscì a combinare la sua passione per la natura con il bisogno di avviare un’attività economica solida. Fu proprio in quegli anni che la sua vita cambiò radicalmente: la famiglia cominciò a vivere agiatamente, un cambiamento che arrivò dopo anni di difficoltà e sacrifici.
Nel suo negozio, Peppino si distingueva non solo come commerciante ma anche come artigiano. La sua passione per gli animali e la natura lo portò a diventare un esperto di tassidermia, l’arte dell’imbalsamazione. Gli oggetti che abbellivano il suo negozio non erano semplici prodotti da vendita, ma vere e proprie opere d’arte, come animali imbalsamati che erano il frutto di anni di esperienza e cura. Questo mestiere, ormai scomparso, suscitava la curiosità di molti, soprattutto dei bambini che, attratti dagli animali esotici e dalla simpatia di Peppino, accorrevano al suo negozio. La gazza “Zazà”, il pappagallo “Lola” e il falco “Cola” divennero leggende viventi per i giovani di Cefalù.
Peppino e la tassidermia: un mestiere raro
Peppino Miccichè non era solo un commerciante; era un maestro nella cura degli animali. La sua abilità nella tassidermia lo rendeva unico nella sua comunità. L’arte di imbalsamare animali, che oggi è quasi del tutto scomparsa, in quel periodo rappresentava una vera e propria rarità. Nel suo negozio, ogni animale veniva trattato con un’attenzione particolare, quasi come se fosse un compagno di vita. La sua abilità nel creare esemplari realistici di uccelli e altri animali selvatici lo rese molto noto, e il negozio si trasformò in un luogo di incontro dove le persone si riunivano non solo per acquistare articoli, ma anche per ammirare il suo lavoro e ascoltare le storie di caccia e pesca.
L’ultimo desiderio e l’eredità
Nel 1981, mentre si stava preparando per una battuta di caccia con i suoi amati cani, Peppino fu colpito da un infarto. Un evento tragico che segnò la fine di una vita straordinaria. Tuttavia, il suo spirito e la sua passione per la natura continuarono a vivere nel negozio, che rimase attivo grazie alla sua moglie Giannina, che gestì l’attività fino al 2008. Dopo la sua morte, fu la figlia Anna Maria a prendere in mano le redini dell’attività, pur avviando un nuovo tipo di attività, sfruttando il suo estro artistico.
Peppino Miccichè è un esempio di come la passione, il lavoro duro e l’amore per la natura possano trasformarsi in una vita piena di soddisfazioni e successi. La sua storia è un’ispirazione per tutti coloro che affrontano difficoltà nella vita e che, pur partendo da umili origini, riescono a realizzare i propri sogni. Sebbene l’arte della tassidermia sia scomparsa, la memoria di Peppino continua a vivere nei cuori di coloro che lo hanno conosciuto, e la sua figura è ancora oggi celebrata a Cefalù, dove viene ricordato come un uomo che, con il suo lavoro e la sua passione, ha lasciato un’impronta indelebile nella comunità.
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