Calogero Lauricella nasce il 20 febbraio 1919 a Ravanusa, un piccolo paese in provincia di Agrigento. Fin da giovane, dimostra un forte legame con la fede e una naturale inclinazione verso gli studi teologici e filosofici. La sua formazione avviene nel seminario vescovile di Agrigento, dove si distingue non solo per la sua preparazione religiosa ma anche per la sua capacità di comprensione delle dinamiche sociali e culturali che caratterizzano la sua epoca. Concludendo gli studi, riceve l’ordinazione sacerdotale il 12 giugno 1941, dando inizio a una lunga carriera ecclesiastica che segnerà la sua vita.
Nel 1947, a soli 28 anni, viene nominato rettore del seminario vescovile di Agrigento, incarico che ricoprirà per ben quindici anni. In questo ruolo, si distingue come un educatore di grande spessore, impegnato nella formazione di numerosi sacerdoti, molti dei quali assumeranno ruoli significativi all’interno della Chiesa siciliana. La sua passione per la cultura e per la formazione spirituale dei giovani lo rende un punto di riferimento imprescindibile per le nuove generazioni di sacerdoti, che riconoscono in lui non solo un maestro, ma anche una guida morale e intellettuale.
Nel 1961, la sua dedizione e il suo impegno vengono premiati con una nomina che segna una svolta decisiva nella sua carriera ecclesiastica. Il 18 maggio di quell’anno, viene nominato vescovo ausiliare dell’arcivescovo di Agrigento, Mons. Giovanni Battista Peruzzo. Pur accettando con onore questa nuova responsabilità, continua a mantenere il suo ruolo di rettore del seminario, svolgendo un delicato equilibrio tra le sue funzioni pastorali e quella di formatore dei futuri sacerdoti. La sua consacrazione episcopale avviene il 24 giugno dello stesso anno, confermando ufficialmente il suo ingresso nell’episcopato.
Nel 1964, dopo soli tre anni dalla sua consacrazione episcopale, viene nominato vescovo ausiliare della diocesi di Cefalù, per affiancare il vescovo Emiliano Cagnoni, ormai anziano. Questo passaggio lo introduce in un contesto di grande fermento e cambiamento. Cefalù, una città ricca di storia e di tradizioni, si trova ad affrontare nuove sfide, sia sul piano sociale che religioso. Il giovane vescovo porta con sé una grande esperienza e una visione innovativa per il futuro della diocesi, pronta a inserirsi nel flusso di modernità che attraversa la Sicilia.
Nel 1970, alcuni mesi dopo la morte di Cagnoni, Lauricella diventa vescovo di Cefalù. Questo periodo coincide con uno dei momenti più significativi della sua vita ecclesiastica, poiché inizia a concretizzarsi il suo grande sogno per la città e il suo territorio.
Lauricella vescovo di Cefalù
Arrivato a Cefalù nel 1964, il vescovo si trova in una città che sta vivendo un periodo di grande sviluppo e di rinnovamento. L’epoca è segnata dalla trasformazione economica che coinvolge la Sicilia e, in particolare, la città di Cefalù, che sta cominciando a farsi conoscere come meta turistica internazionale. La città si sta rapidamente affermando come un polo culturale ed economico del Mediterraneo, con la crescente affluenza di turisti, artisti e intellettuali che vi trovano ispirazione. Tuttavia, Lauricella non si limita a constatare questo cambiamento, ma vede in Cefalù una città con enormi potenzialità da sviluppare. Sin da subito, si rende conto che non si tratta di una semplice diocesi, ma di una realtà che ha un ruolo centrale nell’intero territorio siciliano.
Cefalù, con la sua posizione geografica strategica tra le Madonie e i Nebrodi, appare come un crocevia naturale, un punto d’incontro tra diverse culture e tradizioni. La città, per Lauricella, rappresenta una delle possibili chiavi per lo sviluppo dell’intera Sicilia occidentale. Sin dal suo arrivo, il vescovo guarda a Cefalù non solo come centro spirituale, ma come motore di cambiamento per il territorio circostante, un luogo dove il progresso sociale, economico e culturale possano andare di pari passo con la crescita spirituale. La sua visione si estende oltre i confini ecclesiastici, mirando a creare una comunità coesa e dinamica che possa affrontare con forza le sfide del futuro.
In questo contesto, Lauricella concepisce un progetto ambizioso: rendere Cefalù capoluogo di una nuova provincia che includa i comuni delle Madonie e una parte dei Nebrodi. La creazione di questa provincia non è solo una questione amministrativa, ma una visione di ampio respiro per il territorio. Per Lauricella, Cefalù avrebbe potuto rappresentare il cuore pulsante di un’area ricca di storia, tradizioni e risorse naturali, ma che, per mancanza di una guida politica e amministrativa forte, rischiava di rimanere periferica rispetto ai grandi centri siciliani.
Il sogno di Lauricella è quello di dare a Cefalù e al suo territorio la possibilità di crescere, di proiettarsi verso il futuro, di diventare un centro vitale non solo per i suoi abitanti, ma per tutta la Sicilia. La città avrebbe potuto diventare il capoluogo di una provincia che avrebbe unito sotto un’unica amministrazione i comuni delle Madonie e quelli del versante nebroideo, creando una realtà forte, capace di sostenere l’economia, la cultura e la vita sociale della regione. Questo sogno è alimentato dalla sua fiducia in un futuro migliore, che avrebbe potuto essere costruito solo attraverso l’impegno di tutti: dalle autorità politiche locali alla comunità ecclesiastica, dai cittadini alle istituzioni regionali.
Nel corso dei suoi anni a Cefalù, Lauricella cerca di coinvolgere attivamente le istituzioni locali e regionali per realizzare il suo sogno. Incontri e discussioni con i presidenti della Regione Sicilia, prima Vincenzo Carollo e poi Mario Fasino, si susseguono, ma nonostante l’entusiasmo e la determinazione del vescovo, il progetto incontra forti resistenze, soprattutto da parte di alcuni ambienti politici locali, più interessati a difendere i propri interessi che a realizzare il bene comune. La sua visione di una Cefalù capoluogo di provincia non trova una larga adesione, e gli ostacoli politici e burocratici si moltiplicano nel corso degli anni. La sua tenacia però non si spegne, e continua a spingere per la realizzazione del suo progetto.
A questi ostacoli politici si aggiungono, purtroppo, anche problemi con alcuni ambienti del clero locale. Non tutti i sacerdoti e i membri della diocesi accolgono con favore la sua nomina, e alcuni, che avrebbero preferito un sacerdote originario della diocesi alla guida della Chiesa cefaludese, iniziano a mostrare resistenza nei suoi confronti. Questi conflitti interni complicano ulteriormente la sua missione, che era quella di unificare la diocesi sotto una visione di rinnovamento e di apertura. Nonostante ciò, Lauricella non si fa scoraggiare e continua a lavorare per la crescita spirituale della diocesi, cercando di favorire la collaborazione tra i diversi gruppi ecclesiastici, pur affrontando difficoltà notevoli.
Nel frattempo, la città continua a crescere, attraversando un periodo di grande sviluppo economico grazie al turismo, che diventa il motore principale dell’economia locale. La città di Cefalù si afferma come una delle perle del Tirreno, con eventi culturali e sportivi che attirano l’attenzione di visitatori provenienti da tutta Italia e dall’estero. L’avvento della “Cefalù Moda Mare”, insieme alla fama internazionale della Targa Florio, rende la città una delle mete più esclusive per i turisti. È anche un periodo di grande fermento culturale e artistico, con la città che diventa sede di eventi teatrali e musicali di grande rilevanza. In questo contesto, Lauricella immagina una Cefalù che possa diventare non solo il centro di un nuovo sviluppo amministrativo, ma anche un motore di crescita sociale, culturale e spirituale.
Purtroppo, nonostante gli sforzi incessanti, il sogno di Lauricella di vedere Cefalù diventare capoluogo di provincia non si realizza mai. La politica locale, che inizialmente sembrava essere favorevole, si fa più frammentata e ostile, con resistenze che si moltiplicano nel corso degli anni. Nel 1973, Lauricella viene trasferito come arcivescovo a Siracusa, segnando la fine del suo sogno per Cefalù. Il trasferimento avviene a soli tre anni dalla sua nomina definitiva come vescovo di Cefalù, un periodo che, sebbene breve, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della città. La sua partenza segna la fine di un’era di speranza e di cambiamento per Cefalù, ma lascia anche il segno di un sogno che, purtroppo, non si è mai concretizzato.
Dopo il suo trasferimento a Siracusa, Lauricella continua la sua carriera ecclesiastica, ma il suo sogno per Cefalù rimane nel cuore di molti. Il suo impegno per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e la sua visione di una Cefalù più moderna e dinamica non si dimenticano facilmente. Lauricella muore il 20 giugno 1989, lasciando un’eredità di fede, speranza e dedizione. La città di Cefalù, purtroppo, non riuscirà mai a realizzare il sogno di diventare il cuore di una nuova provincia siciliana, ma la memoria di Lauricella resta viva nel ricordo di quanti lo hanno conosciuto e apprezzato per il suo impegno incondizionato verso la crescita della città e della sua comunità. (Nella foto Lauricella con l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat)