Nell’ultimo mese si è parlato molto della crisi attraversata dai casinò italiani, in particolare dei grossi problemi finanziari del Saint-Vincent Resort & Casino, che starebbe per avviare una procedura di licenziamento collettivo per 264 dei suoi 648 attuali dipendenti. Il ricavo annuale della struttura, che ha 38 milioni di euro di debiti, è passato dai 125 milioni di euro registrati nel 2003 ai circa 60 del 2016 e il numero degli ingressi si è dimezzato. Un aumento degli incassi del 7,46% si è registrato dal giugno 2015 al giugno 2016, ma non si è rivelato sufficiente. La difficile situazione ha portato alle dimissioni di sette assessori regionali su otto della Valle d’Aosta, proprietaria del 99% del casinò, pressati da diversi esponenti dei vari raggruppamenti politici, maggioranza compresa. La regione rischia di andare alle elezioni anticipate.
In generale, tutti i casinò italiani sono un po’ in crisi ormai da anni: il loro fatturato complessivo è cresciuto per la prima volta in sette anni nel 2015, ma solo dello 0,3%.
Analizzando lo status-quo, il sottosegretario uscente all’Economia con delega al gioco, Pier Paolo Baretta, ha ribadito la necessità della riforma dei casinò insistendo sull’esigenza di un cambio di gestione: “potrebbe essere un buon antidoto al gioco diffuso ed eccessivo e, inoltre, i casinò potrebbero così uscire dalla crisi”, ha commentato, facendo riferimento all’intesa sui giochi siglata in sede di Conferenza unificata nel settembre scorso, che prevedeva, tra le altre, il riordino normativo del settore dei casinò.
Rispondendo alle critiche sollevate da alcuni esponenti politici in relazione all’operato del Governo Gentiloni sul settore del gioco pubblico, Baretta ha posto l’accento sugli esiti positivi della riforma tracciando un bilancio delle azioni che hanno portato ad invertire l’approccio sul gioco.
“Abbiamo previsto una riduzione del 35 percento delle slot machine, una trasformazione delle macchine esistenti in apparecchi da remoto, abbiamo impostato tutto un capitolo sulla salute in base ai criteri emersi dall’Osservatorio sul gioco patologico e agli enti locali abbiamo affidato la distribuzione del gioco sul territorio. Anche sulla pubblicità abbiamo fatto delle azioni, principalmente sui canali televisivi generalisti, e io stesso ho detto che questo è solo l’inizio e che bisogna continuare con ulteriori azioni. Ci sono quindi delle conferme del lavoro fatto”, ha chiosato il sottosegretario.
Il M5S è uno dei movimenti politici che da sempre sostiene la sua avversione nei confronti del gioco, e le proposte di rivoluzionare il settore dei Giochi mediante azioni restrittive, hanno caratterizzato la recente campagna elettorale
Baretta ritiene che i punti delicati su cui si basano le proposte del movimento pentastellato sono due: l’idea di utilizzare la tassazione sul gioco per finanziare il reddito di cittadinanza, che comporta dei rischi sulla tenuta del settore e l’idea di affidare tutto agli enti locali, senza individuare la portata dell’offerta.
“È bene, invece, che ci sia chiarezza su come gestire questo passaggio. Noi abbiamo individuato una percentuale precisa che andrebbe mantenuta su tutti i territori, altrimenti si rischia che in alcune zone il gioco scompaia del tutto, con chiari rischi per la legalità”.
Per il prossimo futuro in materia, Baretta si augura che vengano completati il più possibile i compiti assegnati dalla legge di bilancio, come la pubblicazione dei decreti attuativi sulla riforma. “Tutto dipenderà da chi sarà destinato a governare il paese, cui spetterà decidere se andare avanti nel percorso iniziato o cambiare linea”.
Ma ancora non è dato sapere come verrà riordinato il settore alla luce dei recenti risultati elettorali. In attesa della prossima investitura, sul settore del gioco e sugli impegni in materia, è ricalato il sipario.