Cento anni fa l’affondamento del Lusitania

Il 7 maggio di cento anni fa al largo della costa meridionale dell’Irlanda veniva affondato dal sommergibile tedesco U20 il transatlantico inglese RMS “Lusitania”, vero e proprio orgoglio della compagnia di navigazione Cunard White Star Line. L’azione militare tedesca rientrava nella campagna di guerra sottomarina indiscriminata, intrapresa dalla Marina imperiale a partire dal 22 febbraio 1915, nella quale gli U-Boot, affondavano senza nessun preavviso le navi che violavano le acque interdette dal Kaiser Guglielmo II (1). In realtà, fin dagli inizi della Grande Guerra la Kaiserliche Marine contrastò la Royal Navy, nel Mare del Nord, nel Mediterraneo, e nell’Oceano Atlantico. Ma, gli attacchi tedeschi non si limitarono soltanto a colpire la marina militare britannica e alleata ma si estesero anche alle navi mercantili e al naviglio non belligerante con a bordo cittadini stranieri. Tra queste navi, il “Lusitania”, per la sua 202ª traversata dell’Atlantico, imbarcò da New York passeggeri civili, tra cui molti americani. Tuttavia, l’ambasciata tedesca fin dal 22 aprile aveva inoltrato alla stampa statunitense un avviso (2) che ammoniva i cittadini americani (3) di non intraprendere il viaggio, poiché se l’unità su cui si erano imbarcati avesse forzato il blocco navale, sarebbe stata affondata. L’avviso tedesco fu diffuso dai giornali statunitensi lo stesso giorno della partenza del transatlantico. Ciò nonostante la grande “Lusi”, considerata una delle grandi meraviglie del XX secolo, al comando del capitano William Thomas Turner, levò l’ancora dal molo 54 alle ore 14.00 del 1° maggio 1915, senza mai giungere al porto di Liverpool. Perirono nella sciagura oltre mille passeggeri tra i quali anche l’impresario teatrale statunitense Charles Frohman, noto per aver prodotto nel 1914 l’opera di James Matthew Barrie “Peter Pan” e molti altri personaggi famosi. In seguito all’affondamento del “Lusitania”, gli Stati Uniti protestarono energicamente. Il governo tedesco temendo un intervento degli States nel conflitto, moderarono la guerra sottomarina. Però, fu solo una breve parentesi, poiché i tedeschi ripresero gli attacchi dopo alcuni mesi, in particolar modo nell’Oceano Atlantico, nel tentativo di limitare i rifornimenti degli Alleati. In occasione di questo tragico anniversario abbiamo intervistato lo storico navale Virginio Trucco (4) e gli abbiamo chiesto di parlarci del transatlantico “Lusitania”, silurato dal sommergibile U20 al comando del Kapitänleutnant Walther Schwieger.

«Sin dal 1866, il governo britannico stipulò accordi con i suoi principali armatori, in base ai quali avrebbero usufruito di prestiti a tasso agevolato e un sussidio annuo a fronte dell’obbligo e in caso di conflitto, di mettere a disposizione della Royal Navy le proprie navi che sarebbero state inscritte nella flotta ausiliaria. A fronte di questo accordo, la Cunard ricevette per la costruzione dei suoi due transatlantici, “Lusitania” e “Mauritania” un prestito di due milioni e mezzo di sterline al tasso del 2,5% e un sussidio annuo di 150.000 sterline, con la clausola che in caso di guerra le navi sarebbero state impiegate come incrociatori ausiliari. Così i piani di costruzione delle due navi furono sottoposti al controllo dell’Ammiragliato per assicurassi che le strutture fossero idonee a sostenere il peso e le sollecitazioni dovute ai pezzi di artiglieria e la possibilità di modificarle rapidamente per il trasporto di truppa con relativo equipaggiamento. Così alla fine del 1905, sullo scalo del cantiere scozzese John Brow & Company iniziò a prendere forma lo scafo del “Lusitania”. Con le sue 32.500 tsl, la lunghezza di 241 m. e la larghezza di 26.83 m. il “Lusitania” era la nave più grande mai realizzata, la velocità massima di più di 25 nodi la rendeva anche la più veloce. Il varo avvenne il 7 giugno 1906, dopodiché si passò all’allestimento, che soprattutto per la prima classe era sfarzoso, con accessori così lussuosi che non si erano mai visti su di una nave.

Il transatlantico era dotato di luce elettrica e persino di un rudimentale impianto di aria condizionata. Le sistemazioni permettevano di accogliere 552 passeggeri in prima classe, 460 in seconda e 1186 in terza. Per il suo funzionamento era richiesto un equipaggio di più di 900 uomini. Il viaggio inaugurale fu effettuato il 7 settembre 1907 partendo da Liverpool per New York. Il mese successivo la nave conquistò il Blue Riband, Nastro Azzurro (il prestigioso trofeo che viene tuttora assegnato alla nave passeggeri che impiega il tempo più breve nella traversata) nel tragitto Queestown a Sandy Hook pari a 2780 miglia, effettuando la traversata in 4 giorni, 19 ore e 52 minuti, strappandolo al rivale tedesco Deutschland. Il “Lusitania” continuò il suo servizio di linea sino al 12 maggio 1913, quando fu introdotto in bacino a Liverpool per “il cambio delle turbine” e i lavori necessari per l’installazione dei cannoni e i relativi depositi munizioni. Rientrò in servizio il 21 luglio successivo. Le due navi comparvero nell’annuario navale Jane’s del 1914 come incrociatori ausiliari. Il 4 agosto 1914 il “Lusitania” veniva inscritto nel registro del naviglio militare come incrociatore ausiliario/trasporto truppe e passava alle dipendenze dell’Ammiragliato. Il 24 settembre 1914, l’Ammiragliato restituì il “Lusitania” alla Cunard, trattenendo nel ruolo di incrociatore ausiliario solo il “Mauritania”, però veniva imposto alla Società di utilizzarlo sulla rotta Liverpool New York. Intanto, la Germania, in risposta al blocco navale inglese, iniziò la guerra sottomarina. Il 30 gennaio 1915, il sottomarino U21, affondò nelle acque irlandesi tre mercantili, e a causa dell’esaurimento dei siluri, non riuscì ad attaccare diverse navi, fra cui il “Lusitania”.

Il 5 febbraio i tedeschi dichiararono la guerra sottomarina senza restrizioni. Anche a seguito della cattura di documenti che esortavano le navi mercantili a speronare i sottomarini e a far uso di bandiere neutrali soprattutto americana, il governo degli Stati Uniti dichiarò che avrebbe considerato atto ostile la perdita di cittadini americani anche viaggianti su navi inglesi (sic!). Il 28 marzo, a seguito dell’affondamento di un mercantile carico di esplosivi, periva un cittadino americano. Nonostante l’affondamento era avvenuto secondo le regole internazionali, si sollevò l’indignazione dell’opinione pubblica statunitense. La comunità tedesca e filo tedesca, preoccupata per la reazione decise di pubblicare a pagamento il seguente annuncio su diversi giornali americani: “Si ricorda ai viaggiatori che hanno l’intenzione di imbarcarsi per attraversare l’Atlantico, che tra la Germania e i suoi alleati da un lato e l’Inghilterra e i suoi alleati dall’altro, esiste lo stato di guerra; che le acque adiacenti le isole britanniche sono zone di guerra, che, come da formale notifica fatta dall’Imperiale Governo Germanico, le navi battenti bandiera della Gran Bretagna o di qualsiasi suo alleato sono soggette a distruzione nelle acque suddette e che i passeggeri che viaggiano nella zona di guerra su navi della Gran Bretagna o dei suoi alleati lo fanno a proprio rischio e pericolo”. Il testo fu sottoposto all’ambasciata tedesca, che approvandolo pienamente volle pubblicarlo a suo nome. Con la data del 22 aprile il comunicato fu fatto pervenire tempestivamente a 50 giornali, solo uno lo pubblicò, gli altri lo fecero il 1° maggio, giorno di partenza del “Lusitania” da New York. Intanto, il “Lusitania” continuava le sue crociere, che dato lo stato di guerra e il sussidio statale, si svolgevano in passivo.

Al fine di rientrare nelle spese, la Società ridusse l’equipaggio di circa 200 uomini e al fine di risparmiare carbone impose la velocità massima di 22 nodi anziché i normali 24. Anche la manutenzione degli apparati fu rallentata. La mattina del 1° maggio, il “Lusitania” era pronto per salpare per la sua 202ª traversata. La partenza prevista per le ore 10.00 del mattino, fu ritardata a causa dell’imbarco da un’altra nave, di passeggeri e merci, fra cui 2000 cassette sospette. Alle ore 14.00, il “Lusitania”, dopo aver terminato le operazioni di carico lasciò dal molo 54 il porto di New York. Poiché in genere le operazioni di carico si protraevano sino all’ultimo agli uffici doganali di New York, venne fornito un manifesto di carico provvisorio, che venne poi integrato da un manifesto di carico supplementare una volta partita la nave. Questo comportava che la dogana, non sottoponeva tutto il carico a controlli. Sul documento, erano comunque presenti 1248 casse di munizioni genericamente segnate come Shrapnel e 4927 cassette di cartucce genericamente indicate con la voce “merce non esplosiva alla rinfusa”, dizione utilizzata dopo una sentenza del 1910 che permetteva ai passeggeri di imbarcare cartucce per le loro armi. La traversata si svolse regolarmente alla velocità prevista di 22 nodi, fino alla costa meridionale dell’Irlanda, lì era previsto che l’incrociatore “Juno”, scortasse la nave sino a Liverpool.

La mattina del 7 maggio il “Lusitania” si trovava nella zona stabilita, a causa della fitta nebbia, il comandante Turner, ridusse la velocità a 16 nodi, in attesa di avvistare l’incrociatore “Juno”. Intanto al comandante Turner gli giungeva dall’Ammiragliato, la notizia di sommergibili nemici in attività nella parte meridionale della Manica. Ritenendo di essere abbastanza lontano dalla zona, il comandante decise di proseguire zigzagando, e comunque diede ordine di chiudere le porte stagne e di mettere le scialuppe in posizione di rilascio. Nel frattempo l’incrociatore “Juno” aveva ricevuto l’ordine di rientrare nel porto irlandese di Queenstown. Nella zona si trovava da diversi giorni il sommergibile U20 al comando del tenente di vascello Schwieger. Egli aveva affondato un piccolo battello da pesca e altri gli erano sfuggiti, e proprio nei giorni 6 e 7 silurò i piroscafi “Canditate” e “Centurion”. Rimasto con soli tre siluri e al limite dell’autonomia, il comandante Schwieger ritenne a questo punto conclusa la sua missione e si stava preparando ad abbandonare la zona e a rientrare alla base; quando alle 12.20 avvistò al periscopio una grande nave a quattro fumaioli, dopo un rapido scorcio all’annuario la identificò come “Mauritania” o “Lusitania”, entrambi classificati come incrociatori ausiliari, iniziò pertanto la manovra per portarsi all’attacco. Alle ore 13.40, il “Lusitania” giunto in vista del faro Old Head di Kinsale, ricevette l’ordine dal comando navale di zona di entrare nel porto di Queenstown (distante una trentina di miglia) invece di arrivare a Liverpool. Il comandante Turner ordinò l’accostata per la nuova rotta, che lo portò proprio verso l’U20. Alle 15.10, da una distanza di 700 m. Schwiger ordinò il lancio di un siluro, regolato per una profondità di tre metri, osservando la corsa al periscopio vide il siluro colpire la nave, tra la plancia e il primo fumaiolo, conoscendo la potenza dei suoi siluri, rimase stupefatto dell’esplosione insolitamente violenta.

Sul Lusitania i superstiti, confermarono che dopo la prima esplosione, quasi immediatamente ne segui un’altra fortissima, come l’esplosione di una santabarbara. Il comandante Turner, si rese conto che la nave era perduta, e ordinò di lanciare l’SOS e di mettere le macchine indietro tutta, per fermare la nave e mettere a mare le scialuppe. Purtroppo il sistema di inversione, che presentava già problemi a causa della scarsa manutenzione, non resse lo sforzo e andò in avaria. La nave continuò la corsa impedendo di mettere a mare le scialuppe e dopo solo 18 minuti la nave affondò. Appena ricevuta la richiesta di soccorso, il comando navale, iniziò le frenetiche operazioni. In zona furono inviate tutte le imbarcazioni disponibili, perfino un vecchio piroscafo a ruote del 1866, purtroppo delle 48 lance disponibili solo 6 riuscirono a essere messe a mare. Il bilancio dell’affondamento fu tragico, 785 passeggeri (144 americani) e 413 membri dell’equipaggio persero la vita, fortunosamente il mare era calmo altrimenti il bilancio sarebbe stato ancora peggiore.  Per giorni la corrente di marea porto rottami e corpi sulle spiagge di un lungo tratto di costa. Al fine di recuperare più corpi possibili, fu stabilito un premio di 1 sterlina per ogni corpo ritrovato. Saliva a 2 se si trattava di un americano, addirittura per il corpo del milionario Alfred Vanderbilt, il premio ammontava a 1000 sterline. Nei giorni successi si celebrarono i funerali, le vittime rimaste senza nome, furono seppellite in fosse comuni, sulle bare venne riportato un numero ed il sesso. Immediatamente scoppiò il caso “Lusitania”, gli inglesi e gli americani accusarono di barbarie i tedeschi.

I tedeschi e i loro alleati, protestarono in quanto la nave era inscritta nel naviglio ausiliario della Royal Navy e attribuirono il rapido affondamento della nave al materiale bellico trasportato; di contro, gli inglesi, sostennero che contro la nave erano stati lanciati due siluri (quando risultò chiaro che un unico siluro era stato lanciato) e attribuirono la seconda esplosione, allo scoppio della polvere di carbone contenuta nei carbonili semivuoti, ipotesi plausibile: la polvere di carbone in precise proporzioni con l’aria può esplodere, ma date le condizioni di umidità, nei carbonili (la cui parete esterna era a diretto contatto con il mare, cosa che provoca fenomeni di condensa), la rende improbabile. Quindi si scatenò una reazione mediatica imponente, tutti accusarono i “pirati tedeschi” di atrocità. Gli inglesi si affrettarono a favorire voci sui festeggiamenti avvenuti in Germania alla notizia dell’affondamento del “Lusitania”. Sorgono dubbi anche sull’emissione della medaglia commemorativa che ricorda l’affondamento del transatlantico; piuttosto si sospetta che fosse stata coniata dal servizio segreto inglese. Inoltre, furono stampati manifesti di arruolamento con l’immagine rappresentante l’affondamento. L’opinione pubblica americana chiedeva a gran voce l’entrata in guerra, fomentata dagli ambienti finanziari, preoccupati che un’eventuale sconfitta inglese, avrebbe provocato un grande buco finanziario per la mancata restituzione di prestiti e pagamento dei materiali forniti. Il presidente Wilson, presentò pesanti rimostranze al governo tedesco, minacciando la rottura dei rapporti.

Le proteste americane portarono il Kaiser a sospendere la guerra sottomarina. Nelle due commissioni d’inchiesta aperte: una in Inghilterra e l’altra negli USA, furono ascoltati testimoni selezionati e presentato un manifesto di carico redatto in forma generica. Alla fine la commissione d’inchiesta americana, nel 1918 (gli Stati Uniti erano già in guerra) dichiarò illecito l’operato dell’U20.  Nel 1960 i diritti sul relitto furono acquistati dall’uomo d’affari americano Gregg Bernis, che ipotizzava il recupero dei tesori contenuti all’interno del relitto (sulla nave viaggiavano ben stivati, famosi dipinti) e di guadagnarci con i suppellettili recuperati e venduti ai collezionisti. Purtroppo, le battaglie legali si protrassero nel tempo, sino a quando l’Irlanda pose sotto vincolo il relitto. Nei primi anni Ottanta, iniziarono a emergere nuove prove, fu ritrovata una copia del manifesto di carico supplementare, redatto dopo la partenza, oltre alla presenza delle già citate casse di munizioni. Attrassero all’attenzione la presenza di 3863 casse di formaggio, 698 barili di burro, 184 casse di sacchi a pelo e zaini e 323 balle di pelle. La cosa strana è che le merci, non furono imbarcate nell’apposita stiva dedicata alle derrate, ma tutta i prodotti risultavano stivate in un locale posto a proravia della sala macchina, proprio in prossimità del punto d’impatto del siluro. Inoltre, le derrate erano destinate a una casella postale di Liverpool, intestata a un sovraintendente dell’arsenale di Shoeburyness. Mentre gli zaini e le pelli, erano spediti da località dove non esistevano fabbriche manifatturiere ma industrie chimiche, ed erano destinati alla ditta Babcock & Co. produttrice di fulmicotone (sostanza altamente esplosiva utilizzata per gli inneschi di proiettili, bombe e mine), altra stranezza per queste merci: nessuno si presentò a ritirare il premio assicurativo.

Nel 1993 il relitto fu ispezionato tramite un minisommergibile da Robert Ballard, egli riscontrò che il relitto si trova adagiato su un fianco alla profondità di 93 m. in pessimo stato di conservazione e ricoperto da una grande quantità di reti da pesca. La sezione prodiera e piegata di circa 45° (probabilmente in seguito all’urto con il fondale) e presenta un ampio squarcio nel punto d’impatto del siluro. Purtroppo, la grande quantità di reti, non permise un’accurata ricognizione. Nel 2008 una seconda spedizione organizzata da Gregg Bernis, effettuò immersioni congiunte: con un mini ROV e sommozzatori, riportando alla luce 300 proiettili calibro 303, stimando la presenza a bordo di 4 milioni di proiettili fabbricati negli Stati Uniti. Concludo, dichiarando che forse l’operato dell’U20 non fu proprio illegittimo, forse illegittimo fu invece l’impiego della nave passeggeri».

(1) Vedi articolo pubblicato su questa Testata giornalistica “Cento anni fa iniziava la guerra sottomarina senza restrizioni” G. Longo 22/02/2015.

(2) NOTICE! Travellers intending to embark on the Atlantic voyage are reminded that a state of war exists between Germany and her allies and Great Britain and her allies; that the zone of war includes the waters adjacent to the British Isles; that, in accordance with formal notice given by the Imperial German Government, vessels flying the flag of Great Britain, or any of her allies, are liable to destruction in those waters and that travellers sailing in the war zone on ships of Great Britain or her allies do so at their own risk. IMPERIAL GERMAN EMBASSY WASHINGTON, D.C., APRIL 22, 1915. (da www.firstworldwar.com)

(3) (Gli Stati Uniti a quel tempo era una nazione neutrale)

(4) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

 

Giuseppe Longo
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@longoredazione

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